Ulrich le roy

Campione straordinario. Atleta esperto e continuo. Colonna della nazionale di spada francese. Ulrich Robeiri si racconta a Pianeta Scherma tra passato, presente e futuro. E spiega la sua visione dello sport che ama.

 

Dodici anni fa, non ancora 21enne, sorprendeva tutti con un bellissimo bronzo ai Mondiali dell’Avana. Oggi Ulrich Robeiri è ancora uno spadista top, un avversario ostico per tutti, un pilastro della nazionale francese con cui ha vinto cinque titoli mondiali e uno olimpico a squadre. Cambiano i ct e i compagni di squadra, ma lui c’è sempre o quasi. Di appuntamenti che contano ne ha saltati pochi, mostrando una continuità di rendimento impressionante. Noi di Pianeta Scherma l’abbiamo intervistato alla vigilia dell’Europeo di Strasburgo, dove tirerà in casa e dovrà difendere il bronzo di un anno fa.

Cinque ori mondiali e uno olimpico a squadre. Un palmarès incredibile. Qual è il segreto della tua continuità?
Ho avuto la chance di raggiungere rapidamente i livelli alti e di entrare in una delle migliori squadre francesi che io abbia conosciuto. Per continuare a essere competitivo, ho tentato di allenarmi sempre in modo diverso, di prendermi dei rischi. Infatti ho ancora l’impressione di migliorare costantemente, anche se non ho più le qualità fisiche di una volta.

Non sei stato a Londra 2012. Rio 2016 è il tuo obiettivo?
I Giochi olimpici sono sempre un obiettivo, ma non il mio unico. Ora, prima di tutto, voglio far bene a Mondiali ed Europei. Tutte le medaglie sono belle da conquistare, ormai sono all’ultimo rettilineo della mia carriera.

Nel 2016 avrai 34 anni. Pensi che continuerai anche dopo? Ti sei mai chiesto cosa farai dopo?
Per ora non ho in programma di continuare dopo il 2016. Attualmente lavoro come ingegnere informatico alla Ratp (impresa di trasporti a Parigi), una cosa che mi garantisce una nuova collocazione professionale quando avrò lasciato la scherma. Non ho alcun tipo di inquietudine per il post ritiro, sono sicuro che avrò il tempo per consacrarmi in campi diversi dalla scherma.

A Berna sei tornato sul podio. Che sensazioni hai provato?
Per me è stato indispensabile centrare il podio in quell’occasione, dal momento che era l’ultima prova di Coppa del Mondo su cui si sarebbero basate le convocazioni per gli Europei. Tanti spadisti avevano risultati migliori di me e non avrei avuto altre possibilità. Salire su un podio è sempre una soddisfazione, e ogni gara che faccio mi chiedo se sono ancora capace di vincere. Ciascun assalto è una prova, nella spada, dove è difficile avere certezze e molti incontri sono imprevedibili.

La spada francese ha un livello altissimo. Ci sono sei, sette atleti eccellenti, ma in squadra ne entrano solamente quattro. È molto difficile per il vostro selezionatore, Hugues Obry. Ti piacerebbe un giorno trovarti al suo posto?
Sì, il livello della nostra arma è tornato a crescere negli ultimi due anni, ce ne rendiamo conto sempre più nei nostri allenamenti e i risultati si vedono in gara. Penso che il ct Obry sia soddisfatto di avere l’imbarazzo della scelta nella composizione della sua squadra. Per qualificarsi ai Giochi olimpici è bene avere un gruppo forte, anche se così è più difficile escludere degli atleti dalla squadra.

Perché la scherma è tanto popolare in Francia?
Nel nostro Paese, la scherma è conosciuta come uno sport dove si sono vinte tante medaglie, e questo piace alla gente. Inoltre, spesso la scherma viena proposta nelle scuole, e così si crea da subito un legame con questo sport.

I successi della squadra non si sono sempre riflessi nelle prove individuali. Perché?
È vero. Nell’individuale non abbiamo la stessa padronanza che abbiamo della prova a squadre, dobbiamo ancora crescere nella comprensione della competizione individuale per ottenere risultati migliori. In squadra sappiamo ciò che dobbiamo fare per vincere, gli incontri sono più lunghi, abbiamo un maggior margine d’errore. In senso più generale, la prova a squadre mostra la forza collettiva, il potenziale di un Paese. I risultati individuali richiedono certamente un pizzico in più di specializzazione.

Il settore femminile, invece, sembra avere più difficoltà rispetto a voi. Il ritiro di Laura Flessel ha lasciato un vuoto. C’è qualcuna che può seguirne le orme?
Il gruppo delle ragazze è molto giovane, non ci sono più atlete esperte come Laura Flessel o Maureen Nisima. Laura Flessel ha lasciato un vuoto nella scherma francese, lei ha portato un gran numero di medaglie alla Francia. Non so se ora ci sia qualcuna che può ripercorrere la sua strada, dal momento che il suo palmarès è eccezionale. Bisogna attendere ancora qualche anno per sapere se una delle ragazze può rimpiazzarla anche solo parzialmente.

Qual è l’avversario più pericoloso per voi?
In questo momento è la Svizzera. Ci hanno battuto più di una volta negli ultimi due anni, ma speriamo di invertire presto la tendenza.

Cosa pensi della spada italiana?
Amo la spada italiana, è una bella sfida di stili diversi con la nostra. Gli incontri Francia-Italia sono sempre qualcosa di speciale.

In Svizzera sei stato battuto dal coreano Park, 19 anni, due vittorie in Coppa del Mondo in questa stagione. È lui la sorpresa dell’anno? Perché è così difficile da affrontare?
Sono rimasto sorpreso da questo spadista. È velocissimo e non ha nessun timore reverenziale. Osa molto nei suoi assalti e la prima volta che te lo trovi davanti è spiazzante. Ma spero di poterlo incontrare nuovamente.

Cosa pensi della globalizzazione della spada e della crescita delle nazioni asiatiche e sud americane?
È un processo che non si è ancora concluso. L’Africa è ancora troppo poco rappresentata, e in Asia e America ci sono ancora le stesse nazioni sbocciate nell’ultimo decennio. In Asia, la Corea del Sud è sempre stata forte, la Cina è un po’ in calo dopo gli exploit degli scorsi anni, il Giappone può essere ritenuto la vera sorpresa, con un gruppo in crescita.
In America c’è il dominio venezuelano, ma si è perduto l’apporto dei cubani, che sono stati schermidori immensi. Inoltre gli statunitensi e i canadesi si sono involuti rispetto alle ultime due stagioni.
Il problema di queste nazioni (a eccezione della Corea del Sud) è che fondano i loro successi su qualche individualità di spicco, e questo le rende fragili nel lungo periodo. I cambiamenti riguardano soprattutto la partecipazione di questi Paesi alle prove di Coppa del Mondo, che ora è molto più regolare.

Qual è stato il momento più alto della tua carriera?
Lo vedremo alla fine, quando mi ritirerò e farò un bilancio. Spero sempre che il meglio debba ancora venire.

 

Twitter: GabrieleLippi1

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Fotografia di Alessandro Gennari per Pianeta Scherma

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