Rio 2016, un bilancio ponderato della spedizione azzurra

L’Italia chiude con quattro medaglie di cui solo un oro. Un bilancio che non si può definire trionfale. Ma con molti aspetti positivi.

 

Quattro medaglie. L’Italia non tornava da un’Olimpiade con così poco metallo nel bagaglio dai tempi di Barcellona 1992, quando i podi furono tre, ma con due prove in meno da tirare vista l’assenza di spada e sciabola femminile. Quattro medaglie, una solo d’oro, come a Seul 1988. Al di là delle prudentissime dichiarazioni del presidente Giorgio Scarso, si tratta di un bottino deludente. Quantomeno se ci si limita ai numeri.

Su Pianeta Scherma ci eravamo esposti, avevamo ipotizzato 5-6 medaglie, abbiamo sbagliato, eppure ci siamo andati tanto vicini. A mancare, infatti, sono stati due podi che tutti nell’ambiente davano per scontati: quello di Arianna Errigo e quello della squadra di fioretto maschile. Alzi la mano chi si sarebbe aspettato di dover rinunciare a queste due medaglie. Nessuno. Alzi la mano, ora, chi ha il coraggio di mettere in dubbio il valore di Arianna e di un quartetto che è arrivato a Rio da numero 1 al mondo, con tanto di titolo iridato ancora in bacheca. Le quattro di Rio 2016 sono meno delle sette di Londra 2012. Ma a noi i risultati piace ponderarli, e allora ci proviamo. Quattro anni fa ben 5 medaglie arrivarono da una sola arma, il fioretto, altre due dalla sciabola maschile. Quattro solo da quello femminile, capace di garantire oltre il 40% del bottino azzurro ai Giochi inglesi. Tre di quelle sette erano indifendibili a Rio, stanti le assenze della terza fiorettista donna, della prova a squadre di fioretto femminile e di quella di sciabola maschile. Le 3-4 medaglie stimate in partenza della Federazione erano, dunque, il frutto di una semplice operazione matematica.

Ma la matematica, per spiegare lo sport, non basta. In questa edizione, la scherma italiana va a medaglia in quattro armi su sei, mancando il podio nella sciabola, pur arrivando a sfiorarlo nella prova a squadre femminile. Se le solite (e solide) certezze hanno tradito, bisogna dire anche che c’è chi è andato oltre ai pronostici della vigilia. L’argento di Rossella Fiamingo e l’oro di Daniele Garozzo non erano messi nei preventivi più prudenti, sebbene non stupiscano più di tanto considerata la caratura dei due atleti. Il segnale è quello di un movimento meno ‘specializzato’ ma più completo rispetto a Londra. A far da contraltare al calo evidente del fioretto (che crediamo sia frutto, sì, di un incidente, ma anche di una rinnovata competitività al femminile della Russia, o almeno della ‘russa’) c’è la ripresa del settore spada, che torna a casa con due medaglie. Una ripresa che rimane, però, macchiata dalla mancata qualificazione di una squadra femminile che avrebbe potuto vantare ambizioni di podio. Un dato che non può passare inosservato nello stilare un bilancio, perché non si può parlare di trionfo olimpico, se una delle due squadre nemmeno si presenta ai nastri di partenza.

Questo per quanto riguarda il presente. Per prevedere il futuro ci vorrebbe la sfera di cristallo. L’unica incontrovertibile evidenza, è quella di una scherma sempre più globale, capace di mandare a medaglia i continenti, in cui bisogna dare più del massimo per battere la concorrenza.

Twitter: GabrieleLippi1

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Fotografia Augusto Bizzi per Federscherma
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