Alessandra Lucchino: «Io un po’ mamma di questa sciabola»

Era a L’Avana nel 2003, quando l’Italia vinse l’ultimo Mondiale. Stavolta la sciabolatrice di Lamezia ha seguito le Azzurre in tv. «Ho fatto più fatica che in pedana».

 

Dalla pedana al divano di casa, ma senza che la gioia sia diminuita di una briciola. Alessandra Lucchino era una delle ultime quattro italiane a conquistare un titolo di campionessa del Mondo nella sciabola a squadre. Fino a ieri, quando Irene Vecchi, Martina Criscio, Loreta Gulotta e Rossella Gregorio hanno tolto a lei, Gioia Marzocca, Ilaria Bianco e Rossana Pagano questo primato. E lei, tra un ricordo e l’altro, tra un’emozione e l’altra, ha spiegato a Pianeta Scherma che la cosa non le dispiace per niente.

L’Italia della sciabola femminile torna a vincere un Mondiale a 14 anni di distanza dall’ultima volta. Tu, Gioia Marzocca, Ilaria Bianco e Rossana Pagano non siete più le ultime a esserci riuscite. Che effetto fa?

Che effetto fa? Finalmente! Nel corso degli anni da quell’oro de L’Avana abbiamo provato e riprovato a riconquistare quell’oro che finalmente è arrivato. Non con le stesse persone, perché purtroppo gli anni passano, ma con ragazze più motivate che hanno dato anima e cuore per conquistare questo traguardo. E credimi, sono veramente felice di questo.

Come hai vissuto la gara delle ragazze? Che emozioni ti ha dato?
Come ho risposto ad un post del grande Marco Ciari, ho rivissuto l’oro del 2003, ma se devo proprio essere sincera dall’esterno è ancora più faticoso. Per esempio, contro la Francia c’è mancato poco che mi venisse un infarto, ero tesa ed emozionata come se fossi stata in pedana con loro. Anche se non ne faccio più parte mi sento un po’ la mamma di questo gruppo, mi sono allenata con queste ragazze negli ultimi quattro anni e abbiamo condiviso molto insieme, quindi so quanti sacrifici hanno fatto ed è per questo che sono felicissima ed orgogliosa di loro.

Qual è il tuo ricordo più bello dell’Avana?

Il Mondiale stesso, tutto era perfetto tutto quadrava alla perfezione io e le mie compagne ci siamo divertite, allenate e infine il giorno prima della gara a squadre litigammo. Ma anche quel litigio arrivó al momento giusto perché ci permise di arrivare in pedana più affiatate di prima e conquistare l’oro. Mi manca quella squadra.

Avevi 19 anni a L’Avana. Questa è una squadra che ha visto porre le sue basi dopo Londra 2012, con un progetto che ha puntato su giovani che nel frattempo sono cresciute. Scommettere sui giovani paga?

Sì, bisogna dare spazio ai giovani, e per questo bisogna rendere merito e fare tanti complimenti al ct Sirovich ed al suo staff, che ha fatto un gran lavoro su queste ragazze. Fare il maestro non è facile, bisogna capire l’atleta e dargli sostegno e fiducia, ma anche essere duri al momento giusto. È quello che è stato fatto con queste ragazze e direi che ha portato grandi frutti.

Due anni e mezzo fa questa squadra rischiava seriamente di non qualificarsi per le Olimpiadi di Rio. Poi il quarto posto ai Giochi Olimpici e una stagione in crescendo. Quale pensi sia stata la chiave di questa crescita?

Tutto è frutto di una gran lavoro alle spalle di queste ragazze e delle ragazze stesse. Perché, parliamoci chiaro, in pedana vanno gli atleti e il merito è soprattutto loro, ma chi lavora con loro è parte integrante del loro successo. Quindi diciamo che se l’acqua sale, sale anche la barca.

C’è un altro segreto in questi successi: quell’andiamo a comandare gridato prima di ogni assalto. Da quando l’hanno inaugurato, a Tunisi, in Coppa del Mondo, hanno sempre vinto. Forse non tutti sanno che dietro c’è il tuo zampino. Ci racconti come è nato?

Beh, dai, ormai si sa che sono sempre stata la giullare di questa Nazionale, ho sempre creato motti non sempre condivisi poiché troppo esuberanti, ma poi con l’entrata di Rossella Gregorio, mia complice in tutto, abbiamo dato vita a tutte le mie idee pazze. Diciamo che questo motto è partito da una mia idea a cena, subito dopo la gara individuale di Tunisi, poi è stato perfezionato in seguito da tutte le altre ragazze. E sinceramente son felice che abbia portato fortuna.

Titolo europeo e mondiale in un anno, con vittoria della Coppa del Mondo. Questa squadra ha raggiunto il massimo raggiungibile. Ora bisogna confermarsi. Fin dove pensi che possano arrivare le ragazze?

A questa domanda rispondo in grande stile. Diceva un samurai famoso: «Impossibile è solo ciò che non vedono i tuoi occhi, ma se cominci a credere che tutto sia possibile, anche un’impresa come smuovere cielo e terra sarà facile». Con il cuore e la determinazione, l’impossibile diventa possibile. Forza ragazze.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *