La lettera di Usmanov al Cio e l’uso personalistico della Fie

Il presidente della Federazione internazionale protesta contro l’esclusione della Russia da Pyeongchang 2018. Ma non lo fa solo a titolo personale.

 

Che cosa c’entra la scherma con i Giochi Olimpici invernali di Pyeongchang? Niente, o almeno così dovrebbe essere. Perché ieri il presidente della Fie Alisher Usmanov ha deciso di entrare a piedi uniti sulla vicenda che riguarda la squalifica decisa dal Cio ai danni della delegazione russa a causa dei gravissimi fatti di doping che negli ultimi anni hanno minato la credibilità dello sport mondiale.

La Russia ha preso a calci i valori olimpici con un progetto a larghissima diffusione per dopare i suoi atleti e truccare i risultati dei test antidoping. L’atletica russa è rimasta fuori dall’Olimpiade di Rio 2016, tutti gli atleti di Mosca sono stati banditi dalla Paralimpiade dello stesso anno, la storia di Sochi 2014 è stata riscritta con 25 squalifiche e 11 medaglie tolte ai russi. Circa mille atleti sarebbero stati coinvolti nel programma, secondo il rapporto McLaren (ritenuto carente di prove dalla Wada, ma comunque significativo), quattro di questi sono schermidori. La Fie non ha mai fatto i loro nomi, una forma di garantismo probabilmente corretta, ma che alimenta sospetti anche sui tanti che saranno estranei alla vicenda.

Appaiono motivi sufficienti per giustificare una decisione pesante come quella presa dal Cio, che ha escluso la Russia salvaguardando i diritti degli atleti russi puliti, che potranno partecipare sotto l’acronimo OAR (Olympic athletes from Russia), ma senza inno né bandiera. Una punizione rivolta al Paese e alle sue gerarchie sportive, a partire da quel Vitaly Mutko ministro dello Sport ai tempi di Sochi 2014, sospettato di essere l’orchestratore del sistema, promosso da Putin a vicepremier e ora anche presidente della Federcalcio russa e del comitato organizzatore dei Mondiali Russia 2018. Una punizione che non è, invece, rivolta agli atleti che hanno una fedina immacolata, che si sono sottoposti regolarmente ai controlli e lo dimostreranno.

Per Usmanov tutto ciò non è sufficiente, ci si trova comunque davanti a una decisione iniqua, anzi, addirittura a una “violazione dei diritti umani”, in particolar modo quello di poter sentire il proprio inno quando si vince un oro olimpico e di poter partire per Pyeongchang senza dover attendere la decisione della commissione che valuterà le singole richieste.

E andrebbe anche bene se le opinioni di Usmanov fossero state espresse in qualità di privato cittadino russo, ma non è così. La lettera di Usmanov è scritta su carta intestata Fie, e il suo autore sostiene di parlare “non solo in qualità di presidente della Federazione schermistica internazionale, ma soprattutto come cittadino della Russia e come qualcuno per cui servire gli ideali olimpici è diventato uno dei più importanti scopi della vita”.

Ora, è difficile non vedere un forte conflitto di interessi dietro le azioni di Usmanov, che in questo caso usa la Fie a scopo del tutto personalistico, dando un alone di ufficialità a quella che dovrebbe restare una presa di posizione personale. Perché se da privato cittadino russo Usmanov può pensarla come vuole e ha tutto il diritto di sottoscrivere petizioni e lettere aperte, come presidente di una Federazione internazionale affiliata al Cio dovrebbe accettare in maniera imparziale la decisione presa dal Comitato olimpico. Quando scrive sulla carta intestata della Fie e si presenta come suo presidente, Usmanov non parla più a suo nome, ma a nome di tutto il mondo della scherma. E questo non è accettabile.

 

Twitter: GabrieleLippi1

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Foto Serge Timacheff/Fie