Fabio Galli: «Essere maestro è condividere tutto con gli atleti»

Il Maestro del centro sportivo Carabinieri racconta passione, gioie e dolori del mestiere.

 

È un martedì mattina dal cielo grigio quando parto per Frascati, circa quaranta minuti di macchina compreso il traffico del raccordo mi separano dalla cittadina dei Castelli Romani, per un’intervista concordata tra una gara internazionale e l’altra. Tra due giorni, infatti, i fiorettisti partiranno per il Cairo, tappa di Coppa del Mondo che sarà vinta da Daniele Garozzo. Mi accoglie Alessandra Nucci e mi accompagna nella sala dove gli atleti stanno tirando, Fabio Galli è seduto in cima alla breve scalinata che si trova in fondo: «Mi metto qui così posso guardare bene tutti», mi dice.

Partiamo dall’inizio, come nasce la tua passione per la scherma e poi il tuo lavoro di maestro?
Ho iniziato a fare scherma perché mio padre ci disse di provare uno sport diverso. All’epoca abitavamo a Chivasso, vicino a Torino, nella scuola facevano questi corsi di scherma e mio padre, che l’aveva fatta pochissimo da giovane, ci spinse a provarla. Noi figli abbiamo provato a fare scherma e ci siamo appassionati, poi per il lavoro di mio padre ci siamo trasferiti a Mestre. È lì che, grazie al famosissimo maestro di Rosa, è nato veramente il mio amore per questo sport.

Cosa ti ha trasmesso Di Rosa?
Lui è il maestro dei grandi campioni Borella, Cipressa, Bortolozzi, Vaccaroni, Numa e tanti altri. Lui mi ha insegnato veramente cosa vuol dire fare il maestro di scherma, che non è solo un mestiere tecnico ma è condivisione di tutto con i propri allievi. Poi ogni allievo è diverso e quindi ti devi adattare molto a loro, alle loro personalità, ai loro difetti, ai loro pregi, ed è bello perché ogni giorno è diverso, ogni giorno c’è una problematica da risolvere insieme, si condivide l’allenamento, si condividono le gioie e i dolori.

Quanto è importante il legame con l’atleta?
Per me è fondamentale, io dico che li sento, li sento proprio da un punto di vista fisico, sia quando tirano che quando faccio lezione. Non penso che riuscirei ad allenare una persona che non sento vicina da un punto di vista umano.

Segui molti atleti che sono al momento ai massimi livelli in Nazionale, come si costruisce il successo di un atleta?
Molto dipende dagli atleti stessi. Il maestro può dare i mezzi, poi fanno tanto loro. Dipende dalla voglia che hanno di avere successo, che è fondamentale perché questo gli permette di soffrire e di superare anche momenti difficili, e nella scherma capita spesso che ce ne siano. È un attimo toccare e non toccare, fare un’ottima prestazione o una pessima prestazione. La scherma è bella, è affascinante, è difficile, proprio perché hai tante variabili che non puoi sempre controllare o governare, il vero campione riesce a indirizzare tutte queste variabili il più possibile a suo favore.

Oltre a quelli che continuano a confermarsi c’è Francesca Palumbo che sta facendo un’ottima stagione.
Francesca è sempre stata un’ottima atleta, è sempre stata molto forte a livello giovanile, sicuramente ha sofferto un po’ il passaggio agli Assoluti. Da un po’ lavoriamo insieme, e abbiamo trovato forse la strada giusta, nel senso che tutto il lavoro che abbiamo fatto in questi anni sta venendo fuori grazie a lei che ha messo tutti i tasselli al loro posto, mentre prima le mancava ogni tanto un pezzo. Ovviamente quando c’è una bella prestazione si acquisisce una tranquillità d’animo, una sicurezza che nel nostro sport è fondamentale.

Fabio Galli dà lezione a Valentina De Costanzo (Foto Scarnecchia)

Uno sport in cui l’aspetto psicologico è talmente centrale.
Quando vanno in pedana gli atleti sono soli, una volta che si tirano giù la maschera sono solo loro e l’avversario, e tante volte il peggior nemico dello schermidore è se stesso.

Ma è anche vero che c’è il lavoro fatto in sala.
Il lavoro fatto in sala ti deve confortare, ti deve dare certezze ed è la parte che ti dovrebbe rendere tranquillo. Se hai lavorato bene, ti sei allenato bene, sicuramente questo ti deve dare la consapevolezza di poter ottenere un buon risultato, però purtroppo c’è sempre l’avversario, che spesso ha le stesse convinzioni (ride, ndr).

Tu sei anche Maestro nazionale quindi ti trovi a volte in pedana a supportare e seguire un atleta che non è quello con cui lavori in sala quotidianamente.
Ormai sono ragazzi che conosciamo da tanti anni quindi comunque c’è un’amicizia, una condivisione tale che quando sei lì è come se fosse un tuo atleta, perché magari li hai visti crescere, erano bambini e sono diventati prima ragazzi e poi uomini, e quindi c’è sicuramente sempre affetto e partecipazione.

Parlaci della grande vittoria alle Olimpiadi di Daniele Garozzo. Com’è stata quell’emozione e com’è stato il percorso che ha portato a quella giornata?
L’emozione è stata fantastica, unica, io avevo già provato qualcosa di simile con Ilaria Salvatori ma l’ho vissuta solo dalla televisione. Per Daniele ero lì con lui, eravamo vicini, ci eravamo allenati bene. Quel giorno e nei giorni precedenti Daniele era perfetto, mentalmente, fisicamente, era un violino, come si suol dire. Infatti è andata così, è stata un’esperienza fantastica, una gioia infinita, che non so se potrò mai più provare. Magari… ma vincere un’Olimpiade individuale nel fioretto maschile è sicuramente un’emozione molto importante.


Daniele Garozzo abbraccia Fabio Galli (foto Bizzi).

È più difficile confermarsi che fare un exploit?
Daniele non aveva mai vinto una gara fino a quel momento. Si sapeva che era forte, aveva fatto podi, aveva fatto secondo agli Europei, una serie di risultati importanti. Io sinceramente mi aspettavo che arrivasse sul podio, per come lo vedevo, poi la vittoria è stata un di più, per così dire, inatteso, ma da come tirava aspettavo una performance ottima. Nella mia testa mi ero immaginato un terzo posto, poi è arrivato il primo, ancora meglio. La consapevolezza che lui potesse farcela è venuta assalto dopo assalto, vedendo com’era concentrato, com’era attento su tutte le cose che succedevano, come dominava la situazione.

La scherma si sta un po’ mondializzando, vediamo sempre più nazioni che diventano forti. Pensi che questo possa anche renderlo uno sport un po’ più popolare, meno d’élite, come comunemente è considerato?
Io penso che questo allargamento a molti Stati che prima non la facevano può sicuramente fare solo bene alla scherma, anche per abbattere alcuni costi che ci sono, e che possa diventare uno sport più popolare. È più un’idea che un dato reale che la scherma sia così costosa perché una palestra di scherma mediamente costa tra i 500 e gli 800 euro e ci si può andare tre/quattro volte alla settimana. Per andare in una palestra di fitness penso che le cifre siano più alte. Quando vai a fare scherma hai un’attenzione diversa, quella del maestro che ti fa lezione individuale, quella del preparatore atletico, una condivisione con gli altri ragazzi. Poi man mano che si va avanti, con l’età può diventare un po’ più costosa per via delle trasferte e dell’attrezzatura, ma secondo me non è più cara di altri sport. In tutte le palestre di scherma per fortuna ci sono figli di operai, di ingegneri, di dentisti, e la cosa bella è che c’è questa unione tra grandi e piccoli in pedana che non in molti sport esiste.

Anche tra uomini e donne.
Anche, c’è una condivisione totale, tra tutti.

Lo spagnolo Carlos Llavador, attuale 13 del ranking e medaglia di bronzo agli ultimi Mondiali di Wuxi (Foto Bizzi)

Frascati è un centro importante, forse si può quasi dire una cittadina della scherma.
Sì perché oggi tu sei qui e c’è un ragazzo di Singapore, un ragazzo del Messico, ci sono tre colombiani, una cilena, un’argentina, un austriaco. Negli anni grazie ai risultati dei nostri atleti si è creato un movimento molto importante, siamo diventati un’attrazione riconosciuta da tutte le parti del mondo, ma questo penso che sia dovuto anche alla collocazione geografica, perché siamo molto vicini a Roma, e chi viene qui può trovare anche una sistemazione comoda, l’Università di Tor Vergata è vicinissima, c’è una situazione favorevole, vicina alla metropoli ma con la vivibilità di un piccolo centro. Questa è la nostra fortuna, e la nostra bravura è nell’accogliere chiunque in modo molto aperto, questa penso che sia la cosa in più, tutti dicono che si sentono a casa qui.

Sono state qui anche squadre intere per qualche tempo.
Gli stranieri che vengono per brevi periodi mandano una semplice mail e compatibilmente con gli impegni della palestra la loro richiesta viene accettata, se vogliono fare delle lezioni private con i maestri della nostra società lo possono fare, altrimenti si allenano soprattutto la mattina con gli atleti, perché il pomeriggio c’è tutta l’attività dei bambini del club.

Sei anche il Maestro di due atleti di altre nazioni, Spagna e Brasile, che non puoi seguire durante le gare.
Carlos Llavador e Guilherme Toldo si sono trasferiti proprio qui, vivono qui e sono iscritti per noi. Guilherme era un bambino quando è arrivato qui, veniva con il Brasile e ha deciso di fare la sua vita qui. Carlos è arrivato due anni fa, è un figlio adottivo, è coetaneo di Daniele, si conoscevano già da prima quindi è venuto dove aveva già amicizie e conoscenze. Io li seguo come loro maestro in quanto iscritti alla società di Frascati, ovviamente alle gare internazionali hanno il loro maestro della nazionale, oppure qualche volta va qualche maestro della società per la loro nazionale. Io non li posso seguire essendo legato sentimentalmente e lavorativamente all’Italia, ma ciò non toglie che sia il loro maestro.

Twitter: @Ariariasally

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Fotografia Augusto Bizzi