Lo zen e l’arte della rimonta

Scherma - L'epopea di Valentina Vezzali raccontata da Paolo Marabini

La scherma è piena di grandi rimonte che hanno rovesciato assalti che sembravano già decisi. Una breve carrellata.

 

Uno dei punti del famoso “Decalogo dello schermidore” vergato nel 1966 da Edaordo Mangiarotti recita: «ricordati che fino all’ultima stoccata il tuo avversario non ha ancora vinto». Per chi preferisce andare più sul ruspante, valga “Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco” proferito da Trapattoni anche in versione inglese maccheronico ad uso – diciamo così – dei colleghi della carta stampata irlandese; e se proprio non potete fare a meno della tautologia e delle considerazioni molto ovvie, prendete come mantra il fatto che nella scherma, come nello sport e nella vita, niente è finito finché non è finito.

Sono lì a dircelo, qualsiasi sia la vostra citazione prediletta, le tante rimonte che hanno fatto la storia della scherma. Tommaso Marini contro gli Usa nella prova a squadre di fioretto maschile Giovani a Torun è solo l’esempio più recente, nel panorama di questo meraviglioso sport gli esempi non mancano di certo. Se si parla di rimonte, il primo pensiero non può che correre a chi, sull’argomento, ci potrebbe tenere dei convegni: naturalmente ci riferiamo a Valentina Vezzali, che ancora fa capolino negli incubi notturni di Corinne Maitrejean e Nam Hyunee, solo per citare i suoi “come back” più famosi per non dire leggendari, se parliamo del bronzo Olimpico di Londra 2012. Un’impresa, quella della jesina contro la francese, che è stata rinverdita, pur con le dovute ovvie proporzioni e senza volersi lanciare in arditi paragoni, da Lauren Scruggs negli ottavi di finale della prova Cadetti a Torun: sotto 9-14 a 27 secondi dalla fine, la statunitense ha trovato la botta del 14-14 a soli 3 centesimi dal gong prima di mettere la freccia al minuto supplementare

Restando in tema Dream Team, non si può non citare la finale dell’Europeo a squadre di Strasburgo 2014. Quella che è stata sin lì una sonnecchiosa giornata di scherma in attesa dell’inevitabile scontro finale fra Italia e Russia, si trasforma in qualcosa vietato ai deboli di cuore quando Elisa Di Francisca si inventa il numero da fuoriclasse assoluta: salita in pedana sul 38-40 per le russe e con la Deriglazova presto arrivata a quota 44, la jesina piazza giù il 6-0 che manda in paradiso le azzurre e a terra l’avversaria.

Ovviamente non è il solo fioretto a raccontare di rimonte al limite dell’impossibile: la sciabola, ad esempio, ne ha una letteratura sterminata, alcune davvero clamorose. Per maggiori informazioni, chiedere a Max Hartung, suo malgrado protagonista di un 4-18 che ha consegnato alla Francia un assalto che sembrava tranquillamente in mano ai tedeschi durante i Mondiali di Lipsia 2017. Nell’albo delle rimonte da annali ci entra anche Olga Kharlan e quell’ultima frazione della finale iridata a squadre di Budapest 2013 contro la Russia: la sua risalita (con tanto di numero di alta scuola) dal 35-40 al 45-44 permette all’Ucraina di mettere le mani sul metallo più pregiato lasciando in lacrime le avversarie.

La conclusione della nostra brevissima carrellata, che non può prescindere dalla doppia rimonta di Alfredo Rota contro Corea e Francia valsa agli azzurri l’oro Olimpico a squadre a Sidney 2000 , non poteva che essere affidata a quella che è stata per antonomasia la “Grande Rimonta” degli ultimi giochi Olimpici: protagonista il coreano Park Sangyoung, che sotto 9-14 e con pochi secondi a disposizione, si aggiudica il più incredibile degli ori nella prova individuale di spada maschile. Ci fosse stato Mangiarotti, siamo sicuri che il re di spada si sarebbe avvicinato a Park e con una vigorosa pacca sulle spalle gli avrebbe fatto i complimenti per aver studiato e, soprattutto, applicato, il punto VII del suo decalogo: ricordati che fino all’ultima stoccata il tuo avversario non ha ancora vinto.

Twitter: agenna85

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Fotografia Augusto Bizzi