La sfida Olimpica di mamma Elisa

scherma - Cinque momenti iconici della carriera di Elisa Di Francisca

Dalla scelta di tornare con Stefano Cerioni all’auspicio della miglior soluzione del caso Errigo, passando per l’ottimismo in vista del cammino che porta a Tokyo 2020. Intervista con Elisa Di Francisca.

 

«A parte qualche acciacco muscolare, sto bene». Comincia così la nostra chiacchierata con Elisa Di Francisca in un momento di pausa del frenetico programma della giornata milanese in cui la jesina ha incontrato le “amiche digitali” della community sorta attorno al suo blog Mammatleta. I nuovi carichi di lavoro più serrati dopo la scelta di tornare a lavorare con Stefano Cerioni si fanno sentire, ma la Campionessa Olimpica di Londra non perde la voglia di scherzarci su: «Mi sto rendendo conto che prima non facevo un cavolo».

Forma smagliante e buon umore, la campionessa azzurra guarda con ottimismo al cammino di qualificazione olimpica ormai alle porte e alla gara di Tauber che sarà già un importante step sulla strada che porta in Giappone.

Sta per cominciare il cammino verso Tokyo. Dopo Rio, ti saresti immaginata ancora in corsa per un’altra Olimpiade?

No. Della scherma ne avevo fin sopra i capelli, anche perché la qualificazione era stata snervante perché sarebbero andate solo in due. Quel periodo è stato davvero massacrante, soprattutto a livello di testa. Inoltre avevo la “responsabilità” di dover difendere l’oro di Londra, e quindi per questo è stata ancora più dura. Dell’argento ne vado molto fiera, ma finita la gara ero davvero stanca e desideravo mettere su famiglia.

Cosa ti ha fatto capire che era giunto il momento di tornare in pedana?

La nascita di Ettore. Io ho una grande passione per la scherma, ma non è che senza di essa io non sia nulla. Nella vita ho fatto altro, però dentro di me ho sentito il bisogno di tornare per dare un esempio: a mio figlio in primis, ma anche ai tanti giovani che oggi sono convinti che si possa raggiungere tutto e subito. E questo, confesso, mi spaventa. E invece serve sudore e sacrificio, solo così si possono ottenere le cose.

Del resto quella post-Rio non è stata la tua unica pausa dalla scherma nella tua carriera…

Io sono una che ha bisogno di fare pause, di staccare. In tutti gli aspetti della vita, non solo quelli legati alla scherma.

Sei tornata ad Algeri e hai subito vinto, quale sensazioni hai provato?

È stata una vittoria di testa, soprattutto. Ero libera, e questo ha fatto tutto la differenza del Mondo in uno sport a fortissima componente psicologica come la scherma. Quella gara mi serviva soprattutto per capire se ero ancora forte, se potevo ancora dare qualcosa alla scherma. E l’ho capito benissimo, direi… (risata fragorosa, ndr)

Hai da poco annunciato la tua collaborazione con Stefano Cerioni, cosa è cambiato nel tuo programma di lavoro?

Prima facevo lezione una volta al mese se andava bene e mi allenavo molto meno. I primi tempi in cui avevo ricominciato dovevo comunque assestarmi un po’ anche con Ettore e non nascono che mi allenavo un po’ meno. Ora però ho ricominciato a bomba , con Stefano lavoriamo fra Roma e Jesi. Inoltre mi alleno sempre con Annalisa Coltorti, che cura la preparazione atletica. Faccio fatica, ma è quello che ci vuole: io sentivo la necessità di andare in gara con la coscienza pulita. A un certo punto ero arrivata al bivio: o smetto, andando magari ogni tanto in palestra ad allenarmi, oppure mi metto sotto e mi alleno seriamente. E ho scelto questa opzione.

Elisa Di Francisca durante un momento di Milano (Photo: Carolina Comi)

Come è nata questa nuova collaborazione?

Io facevo lezione con Giulio Tommassini, che è un grande Maestro. Ma stando lui ad Avignone per me era diventato faticoso seguirlo. E così ho scelto Stefano, ma solo perché mi conosce sin da quando ero piccola e non avrei dovuto ricominciare da capo a ricostruire un nuovo rapporto Maestro-Allieva. Il tutto, ovviamente, dopo aver sentito il parere della Federazione e del ct Andrea Cipressa e aver appurato che loro fossero d’accordo.

Stefano segue anche una delle tue potenziali principali avversarie, ovvero la francese Thibus: cosa significa per te questo?

Non è un problema per me. Ma non perché sia convinta di essere la migliore, ma per il semplice fatto che io ho la mia scherma e lei la sua. La differenza non la fa la modalità di insegnamento, ma come questa viene recepita e messa in pratica. E poi ammetto che c’è anche un gusto particolare nel trovare la mossa o la contromossa migliore, e se perdo vorrà dire che è stata più brava lei.

Siamo alla vigilia delle qualificazioni Olimpiche e ancora non si è risolto il “caso Errigo”. In ottica di un percorso di squadra, questa cosa vi preoccupa?

Ci ho pensato molto e devo dire che, in tutta sincerità un po’ si, mi preoccupa. Arianna è una grandissima atleta, sta andando a caccia del record e ha le sue ragioni che io non discuto. Ma in un ottica di qualificazione a squadre mi preoccupa perché io, ma come immagino anche le altre ragazze che ne faranno parte, voglio un quartetto forte che sia in grado di prendersi quella medaglia che tutte ci meritiamo.

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Fotografia Bizzi

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