Saluti da Pechino

La spada femminile fa tappa in Cina per la seconda prova stagionale. Le ragazze italiane sono già nel paese della grande Muraglia. Francesca Quondamcarlo ci ha mandato la sua “cartolina” dalla capitale cinese. Ecco cosa ci ha scritto. Continue reading

Paolo Pizzo: «Sono ancora in piedi»

Ho incontrato la scherma a sette anni. Una lezione di prova (della maestra Giovanna Ferro) nella mia scuola elementare di Catania, e mi innamorai di questa disciplina. Un amore che nel corso degli anni è esploso, ma che spesso è stato minato dalle molte sconfitte. 

Già, perché la scherma mette totalmente a nudo l’atleta. Paradossalmente, quando indossi la maschera riveli realmente il tuo valore, la tua tendenza a combattere o a lasciar perdere. Io sono un combattente, e per questo ho sempre vissuto male le sconfitte. Specialmente a caldo, ho sempre la tendenza a mettere tutto in discussione.

Sono stato eliminato al girone del Trofeo Carroccio (due vittorie e quattro sconfitte), l’unica tappa italiana di Coppa del Mondo, una gara che ho preparato meticolosamente. Forse potete soltanto intuire quanto ci tenessi a far bene. Dopo la sconfitta, e una volta solo, ho deciso di sfogarmi parlando e aprendomi con le persone di cui mi fido. In questi anni ho conosciuto centinaia di persone, ma per me è assodato come siano in pochi quelli che possano aiutarmi in certi momenti. Magari basta solo la loro presenza o una mezza parola azzeccata.

Dovevo uscirne in qualche modo, perché due giorni dopo ero chiamato alla prova a squadre, la prima di un lungo percorso che potrebbe portarci alle Olimpiadi di Rio. Le mie premesse quindi erano tutte negative, credetemi, non avevo idea di come mi sarei comportato in pedana. Sapevo solo di dover partire dalla panchina e di dover aiutare in qualche modo i ragazzi, qualora ci fosse stato bisogno.

È successo che hanno avuto bisogno quasi subito, è successo che ancora una volta ho trovato chissà dove le risorse per reagire. Non sarò stato perfetto, ma ero una belva. Ero cattivo e determinato ad andare fino in fondo con la squadra. Siamo poi arrivati solo quinti, non siamo contenti, ma questa è un’altra storia. Sappiamo solo che lavoreremo tutti e quattro sulle nostre lacune, e i conti si faranno tra due anni.

Io ripeto, non sono bravo, non sono stilisticamente invidiabile, non sono alto, non sono magro. Ma quando scatta qualcosa nella mia testa, sono cavoli per tutti. Spero tutto questo aiuti la squadra. Spero tutto questo ci possa portare lontano.

Paolo Pizzo

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Foto di Augusto Bizzi per Federscherma
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Enrico Berrè: «Il difficile viene ora»

E ora? Ora qualche piccolo dubbio viene, e il motivo è molto semplice. Se nella prima stagione negli assoluti il percorso è abbastanza chiaro e bisogna solo fare esperienza senza alcun tipo di obbiettivo, la seconda può già porti di fronte ad alcune domande, in particolar modo dopo buoni risultati ottenuti.

Penso che la stagione appena conclusa sia stata tanto bella quanto inaspettata, ed è proprio per questo che bisogna capire bene come affrontare la prossima. Non è più come il primo anno, che se vai bene a una gara tanto di guadagnato e se invece vai male «amen, tanto è giovane».

Quando sei tra i primi al mondo sbagliare una gara suscita sicuramente delle reazioni nella gente e questo può farti perdere molte sicurezze. In fin dei conti però ho ancora 21 anni e proprio per questo mi sento ancora di non dover ragionare come un veterano. Mi piace stare con i piedi per terra anche perché una sola stagione, per quanto positiva sia stata, non può certo trasformarmi in uno dei campioni che sono ai vertici da anni.

Affronterò questo anno esattamente come il passato, con molto allenamento e sacrificio, con umiltà e impegno, cercando di fare sempre il massimo. Di obbiettivi veri e propri non me ne pongo, ora voglio solo che arrivi la prima gara di Coppa e riscendere in pedana. Posso solo dire con certezza che quest’anno darò il massimo, anche più della scorsa stagione se possibile. A fine anno si tireranno le somme.

Enrico Berrè

 

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Marco Fichera: «E ora si fa sul serio»

Ricordo ancora, grazie a immagini sfocate,i primi giorni in cui, all’età di 7 anni, iniziai a fare scherma convinto da un amico. Da quel giorno sono passati ben 13 anni, nei quali si sono susseguite tante emozioni positive e negative difficili da raccontare.

Dopo sei anni passati nelle categorie minori (cadetti e giovani) quello che mi appresto a iniziare sarà il mio primo anno da assoluto. Inutile dire come, con questo passaggio, vadano a cambiare tutte quelle che sono state le prerogative che questo sport ha avuto per me.

Da quest’anno infatti si fa sul serio! Sarei ipocrita se dicessi che fino ad ora non è stato così, perché comunque ci sono stati giorni, mesi e anni di allenamenti, sacrifici, soddisfazioni e pagine negative, ma la realtà dei fatti è che, con la prima gara di Coppa del mondo a Doha, le prospettive cambieranno e con loro si modificherà ancora di più il modo di intendere la scherma, che dovrà essere interpretata in maniera sempre più professionale.

Ho sempre ripetuto a me stesso che lo sport deve portare con sé quell’atmosfera gioviale che ti fa superare anche gli allenamenti più pesanti, ma a questa giovialità ora si aggiungeranno degli obbiettivi futuri ben più difficili da raggiungere rispetto ai precedenti.

Gli under 20 mi hanno lasciato in dote un’eredità abbastanza pesante. Dovrò confermare, negli assoluti, quanto di buono ho fatto fino ad ora, ripartendo da zero con umiltà e abnegazione. Già da qualche anno prendo parte in maniera più o meno costante ai ritiri o alle gare assolute,ma l’ho sempre fatto in un’ottica di crescita che era quasi imposta dalla mia “appartenenza” al mondo degli under20. Da ora in poi affronterò le gare in modo diverso e con logiche diverse, fermo restando che non bisogna mai smettere di crescere, sia tecnicamente che tatticamente.

All’interno del gruppo assoluto vi sono alcune persone che, per il rapporto che intercorre anche al di fuori del mondo ‘scherma’, sono certo mi aiuteranno a crescere. Sono convinto che per poter ben figurare si necessaria, a tutti i livelli, una serenità per poter lavorare con qualità ed organizzazione. E credo che si possa e si debba sempre migliorare.

Marco Fichera

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