La guerra fredda della sciabola

Era nell’aria, ce lo aspettavamo e non siamo rimasti sorpresi. Il boicottaggio della prova di Coppa del Mondo di Mosca da parte della nazionale ucraina di sciabola maschile e femminile è una quasi automatica conseguenza dell’escalation del conflitto per la Crimea. Eppure, nonostante di tutto, il suo impatto su chi ama questo sport è enorme.

Avevamo assistito a minuti di silenzio per le vittime degli scontri della Maidan, fasce nere in segno di lutto, addirittura medaglie coperte alla Paralimpiade di Sochi, ma non si era ancora arrivati a tanto. Davanti alla morte di un soldato ucraino a Sinferopoli, però, non si poteva andare a gareggiare a Mosca. Non avrebbe avuto senso, non in un clima di guerra che ormai tanto fredda non è.

Non bastavano le unghie patriottiche di Olga Kharlan per manifestare il proprio dissenso, serviva qualcosa di più forte. E così è stato. Non è compito di Pianeta Scherma fare analisi geopolitiche o stabilire da quale parte stiano la ragione e il torto. È nostro dovere, invece, rammaricarci per una situazione del genere, ed esprimere la nostra vicinanza al popolo ucraino, che sta vivendo mesi terribili. Lo sport non può vivere in una bolla di vetro, astratto dal mondo reale, anche se troppe volte lo ha fatto. Con che spirito sciabolatrici e sciabolatori ucraini sarebbero saliti in pedana nella capitale di un Paese nemico? Con quali sentimenti avrebbero stretto la mano al termine di un assalto a un avversario che tirava sotto la bandiera russa e che come loro – è bene ricordarlo – non ha colpe?

A luglio ci sono i mondiali a Kazan, ancora in Russia, e la situazione potrebbe non essere cambiata. Ed è inutile dirlo: un mondiale di scherma senza l’Ucraina sarebbe un duro colpo per tutti gli appassionati.

 

Twitter: GabrieleLippi1

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