Un amore non finisce con una ferita

Nel 2011, a Seul, il suo ginocchio faceva crac. Ma è un’altra la città nel destino di Margherita Granbassi. A Torino, dove nel 2006 è diventata campionessa del mondo, torna in Coppa del Mondo dopo un’assenza di tre anni. L’abbiamo intervistata.

 

Nel 2006, a Torino, si dimostrava la più forte del pianeta. Oggi, nella stessa città, otto anni e un gravissimo infortunio dopo, Margherita Granbassi torna in gara in Coppa del Mondo, un palcoscenico dal quale mancava dal 2011, quando a Seul, in Corea del Sud, il suo ginocchio si rompeva spezzando le speranze di una partecipazione all’Olimpiade di Londra. In questo periodo di sacrifici e sofferenza non ha mai mollato, ha lavorato duro per poter tornare ad alti livelli, e ora è pronta a ritrovare il sapore di una competizione internazionale. Senza troppe aspettative, ma con un sogno da cullare. Pianeta Scherma l’ha intervistata mentre era sul treno diretto verso Torino.

Quasi tre anni lontana dalla Coppa del Mondo. Che emozioni provi a pensare al tuo ritorno?
Ho iniziato a provarle quando hanno accettato la mia richiesta di iscrizione. Le ho ritrovate mentre preparavo la sacca da scherma con la tuta dell’Italia e le sto provando ancora mentre sono sul treno e anche la mia mente viaggia. Sono certa che quando salirò in pedana saranno ancora maggiori.

Che aspettative hai?
Nessuna. Vado lì per cercare di dare il massimo. Poi Torino è una città a cui sono affezionata.

Anche perché ti suscita ricordi straordinari. Lì sei diventata campionessa del mondo nel 2006.
Esatto, è una città che mi ha sempre dato un sapore particolare e poter ricominciare da lì il mio percorso internazionale mi fa molto piacere.

La tua carriera è stata costellata da infortuni. Quest’ultimo ti ha richiesto tanto tempo per recuperare. Forse dopo aver perso Londra ha deciso di prenderti i tuoi tempi e sentirti nel pieno controllo del tuo corpo per evitare un’altra ricaduta?
Sì. Purtroppo ancora il pieno controllo non ce l’ho. O meglio, riesco a controllarlo, ma il dolore c’è ancora. È evidente che con tutti gli interventi che ho fatto, il ginocchio non ritorna come era prima, nemmeno quando faccio sforzi più leggeri, figurarsi facendo sport ad alto livello. Bisogna mettere in conto di continuare a soffrire un po’. Il recupero è stato particolarmente lungo, ma sarebbe stato stupido forzare i tempi. Avevo subito un intervento molto delicato, e per quanto la scherma sia importantissima per me, nella mia vita c’è anche altro. E non voglio compromettere la mia salute per tornare a tutti i costi su una pedana.

Però hai tenuto duro e ci sei riuscita.
Sì. Ce l’ho messa tutta, mi sono sacrificata come forse altri non avrebbero fatto. Mi sono rimessa in gioco partendo da zero. Ho dovuto imparare di nuovo a fare tutto e questo mio ritorno in una gara ad altissimo livello è uno step ulteriore. Sono curiosa di sapere come andrà.

Solo curiosa?
Da un lato mi sento leggera, perché davvero non mi aspetto niente. Dall’altro però comincio a giocarmi tutto. Dopo due anni e mezzo di riabilitazione, mi sono trasferita a lungo a Bologna, ho fatto sacrifici immensi e ho sofferto. Ora sto mettendo tutto questo in gioco. Da un lato non ho niente da perdere, dall’altro, invece, tutto.

Campionessa del mondo, bronzo olimpico. Solo per citare i traguardi principali a livello individuale. Giornalista televisiva con Santoro e poi con Rai Sport. Si può dire che la tua carriera agonistica e non ti aveva già dato tanto. Chi te l’ha fatto fare di soffrire così tanto per tornare in pedana?
Tante volte me lo chiedo anche io. L’unica risposta che posso dare è l’amore che posso dare per la scherma. Proprio oggi (il 20 marzo 2014, ndr) ho incontrato dei ragazzi in una scuola e parlavo della passione e di cosa ha rappresentato per me lo sport. Quello che mi sono sentita di dire è che non volevo che un grande amore, come quello che è stato il mio per la scherma, finisca con una ferita. Così mi sono rimesso in gioco.

Rimpianti per quello che è successo?
Sinceramente, anche le esperienze più brutte possono darti tanto. Sicuramente ho guadagnato tanta stima in me stessa, e poi ho avuto la fortuna di incontrare persone con cui ho stretto ottimi legami di amicizia e anche questo è importante. Tutto questo sforzo, in ogni caso, non sarà stato vano, perché comunque ho imparato molto di me in questo periodo. Sicuramente è stato un periodo della mia vita che mi ha fatto crescere.

In pedana poi ci sei già tornata. L’anno scorso hai tirato due una qualificazione zonale e la Coppa Italia, due occasioni che non potevi fallire, le uniche che avevi per andare agli Assoluti nella tua Trieste, e le hai vinte entrambe. Anche lì forse non ti aspettavi niente, ma poi è venuto qualcosa di buono. No?
Ci tenevo a esserci a Trieste, a fare i campionati italiani assoluti nella mia città. Questo mi ha dato una motivazione in più a ricominciare. Poi ai campionati italiani non è che sono andata male, sono arrivata decima. Però avevo avuto qualche piccola problema, un’infezione al ginocchio poco prima della gara e non sono arrivata nelle condizioni in cui speravo di arrivare. Il mio obiettivo però era quello di partecipare e l’ho raggiunto. Poi se fossi riuscita a scrivere la storia di quella gara, nella mia città, sarei stata felice.

E così anche ora, a Torino, non ti aspetti niente. Però chissà…
Io sono una sognatrice ma sono anche molto realista. Non faccio una gara di Coppa del Mondo da tre anni, e questo è un dato di fatto, come che sia stata gravemente infortunata a lungo e che abbia dovuto subire un intervento chirurgico da cui pochi si riprendono. Ed è evidente che c’è un gruppo di avversarie nutrito e di altissimo livello soprattutto in casa. Io ho ripreso relativamente da poco, ho fatto un nuovo intervento, sono stata di nuovo ferma tutta l’estate. Per questo non ho grandi aspettative, ma qualche speranza c’è. Se no me ne sarei stata a casa.

A Rio de Janeiro ci pensi? Sicuramente ci provi dal momento che ti sei rimessa in pedana, no?
Dopo l’infortunio del 2011 ho creduto in qualcosa di impossibile, anche per crearmi delle motivazioni durante la riabilitazione. Ho creduto di poter andare a Londra, ed era una cosa ancora più impossibile. Quindi è chiaro che penso a Rio, ma non ne ho l’ossessione. So che è difficilissimo, soprattutto nella nostra situazione, senza gara a squadre, con solo due posti e due atlete che è palese siano superiori a tutte. Io devo ancora fare tutto, ci penso ma non voglio che sia l’unico pensiero nella mia testa. Cerco di vivere un po’ alla giornata, essere realista e obiettiva, ma non per questo smettere di sognare o di rincorrere qualcosa di quasi impossibile.

In questi tre anni, o anche quando hai avuto gli altri gravi infortuni, ti è mai passata per la testa l’idea di smettere?
Sì, hai voglia, un sacco di volte. E ancora ora ci penso molte volte, anche perché nella migliore delle ipotesi sarà una questione da affrontare al massimo tra due anni. È un pensiero ricorrente ma sono molto contenta e serena, come atleta e come persona. Penso che lo sport mi abbia dato molto sotto tanti punti di vista e che ci siano cose molto più importanti a cui pensare e spero di poter vivere appena possibile, quando ci saranno le condizioni. L’idea del ritiro procura un po’ di malinconia, ma affronterò quel momento con estrema serenità, dovesse essere domani, tra un mese o tra un anno.

 

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Fotografia di Augusto Bizzi per Federscherma
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