Budapest andò così (donne)

La consacrazione di Arianna Errigo e Olga Kharlan. La sopresa Julia Beljajeva. I bronzi di Vecchi e Di Francisca. 

 

Fra quindici giorni sarà di nuovo Mondiale. Da agosto a luglio, da Budapest a Kazan. Cambia il periodo e il luogo ma la sostanza rimane invariata: otto giorni di gare (dal 15 al 23) con tutti i più grandi Campioni delle pedane pronti a sfidarsi fino all’ultima stoccata per guadagnarsi i titoli mondiali. In attesa che le nuove regine e i nuovi re vengano incoronati, facciamo un salto indietro di undici mesi, alla rassegna ungherese. Nella prima parte ripercorreremo le gare femminili, in una seconda quelle maschili.

Una bacheca colma di trofei di ogni tipo, ma la casellina degli ori iridati individuali ancora vuota: strano destino quello che, prima della rassegna iridata,  accomunava le due donne copertina dei mondiali di Budapest 2013. Al secolo Arianna Errigo e Olga Kharlan. Due campionessa straordinarie che hanno trovato finalmente la loro consacrazione, arpionando quella medaglia che spesso e volentieri era sfuggita sul più bello. Lo hanno fatto nel Mondiale che celebrava i 100 anni della Federazione Internazionale, per dare ancora più colore a un oro già bello carico di emozioni. Per entrambe poi è arrivato il bis a squadre – senza storia quello del Dream Team contro la Francia, da brivido quello dell’Ucraina contro la Russia, deciso in rimonta e all’ultima stoccata proprio da una Kharlan  fino a quel momento quasi irriconoscibile –  la classica ciliegina su una torta che mai come quella volta era stata così gustosa.

La spada, come sempre foriera di grandi sorprese, è stata appannaggio di Julia Belaljeva. La Regina nel giorno in cui l‘Estonia – complice Nikolaj Novosjolov laureatosi lo stesso giorno campione del Mondo nella gara maschile -è diventata l’ombelico di quel mondo chiamato spada. Con buona pace dei chiassosi e calorosi tifosi ungheresi, la cui spinta non è stata sufficiente ad Emese Szasz perchè svettasse in cima al podio. Si è dovuta accontentare del bronzo la beniamina di casa, così come la russa Anna Sivkova dell’argento: quel giorno gli dei della scherma avevano già deciso chi premiare, ovvero quella ragazza con il cognome che è quasi uno scioglilingua e che viene da un piccolo paese, l’Estonia, che in tema di spadisti e spadiste vanta lunga e proficua tradizione.

Oltre ai titoli mondiali di Arianna Errigo e allo show del Dream Team, l’Italia ha portato a casa altro dalla campagna ungherese. Innanzitutto i bronzi di Elisa Di Francisca e, soprattutto, di Irene Vecchi. La chiosa sulla splendida scorsa stagione della livornese, il cui sorriso spiccava già nelle foto ricordo del podio europeo di Zagabria, dove anche lì fu di bronzo. L’assalto contro la greca Vassiliki Vougiouka nei quarti è stato fra i più belle e intensi di tutto il mondiale, risolto da Irene in un finale da brividi. La prova a squadre ha poi messo in luce il talento di Rossella Gregorio: il parziale di 15-4 con cui stende la statunitense Anna Elizabeth Stone è da antologia. Un lampo a squarciare il buio che sembrava calato sulla squadra azzurra dopo i primi due assalti, che avevano visto le americane involarsi sul 10-0.  Purtroppo il parziale monstre non è servito alle italiane per portare a casa il bronzo, ma ha messo in luce lo scintillante talento della sciabolatrice salernitana. Un preludio alla bella stagione di quest’anno, culminata con il bronzo individuale ai  Campionati Europei di Strasburgo lo scorso giugno.

Niente medaglia ma citazione obbligata infine per Valentina Vezzali e Mara Navarria, entrambe al rientro a pochi mesi dal parto ed entrambe capaci di spingersi fino a un passo dal podio. Per fermarle ci sono volute Arianna Errigo e Anna Sivkova, che ai quarti di finale hanno spezzato il sogno di una medaglia da dedicare ai piccoli Andrea e Samuele. Che avranno avuto comunque modo di essere orgogliosi delle loro mamme.

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Fotografia di Augusto Bizzi per Federscherma

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