Pablo Moreno Sanchez, lo sciabolatore musicista

La sciabola riempie la sua vita sportiva, il violoncello ritma la carriera musicale. Lo spagnolo si racconta a Pianeta Scherma.

 

Due amori inscindibili, al punto che sulla coccia della sua sciabola campeggia una serigrafia di un violoncello, lo strumento che ha studiato e che suona nei concerti in giro per la Spagna. La scherma e la musica sono due componenti imprescindibili della vita di Pablo Moreno Sanchez, madrileno di Malasaña – dove è nato 25 anni fa – per l’anagrafe, gallego per sport e per amore. In Galizia, a Pontevedra, si allena e si prepara per le sue gare in giro per il Mondo, dalla Galizia viene la sua ragazza.

Lo abbiamo incontrato a Mosca, dove Pablo ha chiuso il suo mondiale con il sessantunesimo posto nella prova individuale – sfortunato nell’aver trovato subito sulla sua strada Tiberiu Dolniceanu, alla fine bronzo – e il quattordicesimo in quella a squadre. Quasi un’ora di chiacchierata in assoluta libertà, davanti a una birra all’hotel Kosmos, “campo base” per molte delegazioni presenti all’ultima rassegna iridata.

Come è nata la tua passione per la musica e perché la scelta del violoncello come strumento?
I miei genitori volevano che sin da piccoli tutti i loro figli imparassero a suonare uno strumento musicale, una vera ossessione la loro. Perché ritenevano fosse il modo più semplice affinché, fin da piccoli, sviluppassimo l’orecchio ed entrassimo in contatto con altri bambini. Così ho iniziato a suonare il violino, perché mio fratello aveva iniziato con il violino, ma ho smesso subito perché non mi piaceva come suonava e sono passato al violoncello. Ho iniziato a suonare a 4 anni, anche se quando ero adolescente abbiamo avuto – io e lo strumento – una relazione un po’ difficile…anche se poi è migliorata!

E l’incontro con la scherma invece com’è avvenuto?
Nell’Istituto dove ho studiato (Instituto Ramiro de Maeztu di Madrid, ndr) c’è una squadra di basket, l’Estudiantes, che gioca nella massima serie spagnola. Mio padre non era interessato al calcio, mentre il basket è molto esigente con i ragazzi, perché se non giochi bene non ti prendono. Dal momento che voleva che facessimo comunque sport, ci siamo orientati verso qualcosa di diverso, dove avremmo potuto essere protagonisti in prima persona, senza correre il rischi di non giocare. Così mio fratello ha iniziato a tirare di scherma ed essendo io il fratello minore, l’ho seguito…

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(foto: Alessandro Gennari)

Perché hai scelto la sciabola?
Era l’arma che veniva praticata all’Istituto. Ho cominciato a lavorare con quello che ora è l’allenatore della Nazionale e poi ho fatto anche qualche lezione con Fernando Casares, ora mio compagno di squadra. Poi, dato che mi piaceva, mi sono iscritto a un club, ho iniziato a fare le mie prime gare nelle categorie inferiori e ottenere anche buoni risultati. Arrivo spesso secondo, arrabbiandomi molto perché perdevo. Poi pian piano ho cominciato a vincere qualche garetta ed eccomi qui.

Hai un idolo o uno schermidore che ammiri particolarmente o a cui ti ispiri?
In verità io ammiro tutti i miei avversari, perché tutti sono bravi. Difficile trovare avversari scarsi. Prendi ad esempio i primi 50 del Mondo, sono tutti grandissimi atleti. Certo, esistono diverse “categorie”, ci sono i fuoriclasse, quelli che hanno qualcosa di speciale che tutti possono apprezzare anche se non sei uno schermidore, ma se io prendo uno per uno tutti questi atleti e li analizzo nelle loro caratteristiche, scopro che ognuno di loro ha un proprio punto di forza: chi è bravissimo a parare, chi fa della mentalità vincente il suo marchio, chi ha movenze perfette, chi è regolare, chi riesce – pur mancando di regolarità – a fare colpi spettacolari. Ce n’è per tutti i gusti. E avere tiratori come Aldo Montano o Aron Szilagyi, ad esempio, è un ottimo spot per la sciabola, perché hanno uno stile molto spettacolare e bello da vedere, che può avere un ottimo impatto sul pubblico.

Torniamo alla musica, ci racconti della tua attività di violoncellista?
Ho terminato i miei studi di violoncello in circa diciotto anni, in pratica gli ho dedicato tutta la mia vita! Adesso suono in qualche gruppo (attualmente con i Nudozurdo) ogni tanto, anche se è difficile far combaciare l’impegno nella musica con gli allenamenti di scherma. Perché questi ti portano via tanto tempo e quindi è difficile, ad esempio, entrare in un’orchestra o in un gruppo di musica da camera. Però ho suonato in gruppi con violoncello, clarinetto e pianoforte, in quartetto e ho fatto anche concerti per solo violoncello. Il giorno 24 (luglio, ndr) suonerò in un festival a Leòn, poi vado in vacanza.

Hai accennato prima al fatto che è difficile per te far combaciare la musica e gli allenamenti. Come riesci a fare tutto?
Ti rispondo facendoti io una domanda: come fai a respirare e a bere acqua? (ride, ndr). Scherzi a parte, non è questione di riuscire a far combaciare le due cose, è che io devo farle. Per me sono una necessità, un qualcosa di vitale, come respirare. Una volta ho mollato la scherma per un anno e sono stato molto male all’idea di non averla potuta fare. E lo stesso vale per la musica: senza proprio non so starci. In questi giorni qui a Mosca ne ho approfittato per comprare alcune partiture di autori russi, in edizioni che si trovano solo qui.

C’è qualche lezione appresa dallo sport che ti torna utile nella musica o viceversa?
Il segreto è tutto nell’oggettività dello sport: ti trovi a competere con un rivale che ha più o meno punti di te, con cui puoi vincere perché è peggiore di te o con cui perdere perché è migliore. Lo sport insegna questo. Nella musica invece è diverso, è tutto più soggettivo: c’è gente che ha ego smisurato, che si crede il miglior musicista del Mondo e non accetta il fatto che non sempre è così, ma nella musica non c’è alcuna competizione e non ci deve essere competizione. È tramite lo sport che impari a competere, impari a vincere come a perdere, e questa è la cosa più difficile. Mi fa molta rabbia vedere molta gente che suona con me amareggiata perché non accetta i propri limiti o perché non capisce che suonare è solo un divertimento. La competizione, nella musica, è deleteria: non si può competere e non si deve farlo. Nello sport, invece, è necessaria e soprattutto è oggettiva.

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La Spagna, come l’Italia, ha la fama di essere “calcio -centrica”: com’è la vita di uno schermidore nel tuo paese?
Se devo usare un termine, direi precario. Soprattutto per noi un po’ più grandi e che facciamo fatica a ottenere risultati. Yulen (Pereira, spadista della nazionale, ndr), ad esempio, è giovane a sta facendo bene e ha molti appoggi. Di fatto è uno schermidore professionista, mentre io non posso vivere con il solo sport, ma devo fare altre cose. Ora vivo con i miei genitori: per l’amor del cielo, sto bene e voglio loro un gran bene, però vorrei la mia indipendenza. Con la scherma non faccio soldi, anzi, spesso li spendo, ma mi piace talmente tanto che la faccio con grande passione. Tuttavia mi reputo un privilegiato: la Federazione mi paga le trasferte per le gare e in parte il materiale e il mio club a Pontevedra mi ha supportato moltissimo per tutta la stagione. Resta la “precarietà” dal punto di vista sportivo e anche sociale, perché sui media c’è poca copertura sulla scherma, se non a livello locale.

Insomma, tanto sudore, poca gloria…
Vero, è abbastanza triste, però io mi sento un privilegiato: grazie alla scherma ho potuto viaggiare, visitare tanti posti e, quando le cose andavano bene, anche investire i soldini che arrivavano dallo sport nel violoncello. Mi piace guardare alle cose belle e guardare al futuro con ottimismo. Se un giorno non sarò più felice di tirare, non è certo perché non faccio soldi con lo sport. Non faccio scherma per guadagnare soldi, per quello ci sono il calcio, il tennis o il golf. Se anche avessi qualche aiuto dal governo, posso al massimo aspirare a guadagnare 1000 euro, cifra con cui di certo non posso fare follie. In più ho 25 anni, ho una ragazza, una carriera musicale da portare avanti e mi paicerebbe entrare nel mondo del lavoro.pablomor

Si riesce a sfondare con la musica in Spagna?
È un mondo duro. Spesso molto di più che non quello sportivo. In Spagna è poco riconosciuta. Qui (a Mosca, ndr) sembra diverso: si fa molta musica per strada e qui tutti ma proprio tutti conoscono i grandi compositori locali, da Tchajkovskiy a Rachmaninov o Prokofiev. C’è proprio una maggior cultura musicale. In Spagna, invece, poter vivere come musicista è molto complicato se non sei uno strumentista internazionale di alto livello. Ma per una persona normale come me, è davvero difficile.

E, più in generale, per un giovane che si affaccia al mondo del lavoro la situazione com’è?
In Spagna il clima è tutt’altro che incoraggiante, tuttavia mia piacerebbe poterci vivere. Questo è il punto: voglio vivere, non sopravvivere. Mi piacerebbe stare in un posto dove posso vivere tranquillo, rilassarmi, uscire con gli amici o andare al cinema senza dover preoccuparmi di arrivare alla fine del mese o farmi paranoie se mi prendo una confezione di pop corn. Io sono di Madrid, ma ora vivo in Galizia dove mi alleno e dove risiede la mia ragazza: sopravvivere in una realtà così grande come Madrid è molto difficile, mi vedo molto meglio a vivere in realtà più piccole appena fuori. Perché è tutto più semplice. La mia ragazza è invece una privilegiata: ha regolare contratto, paga i contributi, e prende 1000 euro al mese. Ma è più un’eccezione che non la regola, lei è stata davvero fortunata.

Tornando a te, mi ha parlato della scherma e della musica: hai altre passioni oltre ai tuoi “amori”?
In realtà no, non ho tempo da spendere aldilà di queste due cose. Guardo un po’ di calcio con mio padre, perché mi fa piacere guardarlo assieme a lui. Ma  non sono tifoso di alcuna squadra, mi piace vedere le belle giocate. Poi seguo l’Estudiantes di Basket, perché è la squadre dell’Istituto dove ho studiato. In realtà non proprio tempo e nemmeno soldi da investire in altri hobby, anche se avendo fatto la scuola artistica ed essendo mio padre un pittore, l’arte mi piace molto. Conosco quasi più pittori che non compositori…

Un’ultima domanda: se tu dovessi associare alla scherma una musica o un compositore, cosa ti viene in mente?
Domanda complicata… Poniamo che questa musica sia una danza e associamo la scherma a una danza, mi viene in mente una delle Suite Fancesi di Johann Sebastin Bach. Bach è, per solennità, una musica che può far venire in mente il post duello. Oppure anche la Suite per Violoncello, di Gaspar Cassadò, un compositore spagnolo. Ma in realtà ci sarebbero tantissime composizioni che possono fare al caso nostro. Di certo, pensando alla sciabola, mi viene comunque in mente una danza molto impetuosa e veloce.

 

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Fotografie di Antonella Mannara per Pianeta Scherma

 

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