Del Carretto: «Il mio futuro? Dopo Rio»

La spadista genovese si prende il suo tempo: «Ora penso solo a Rio, poi vedremo». 

 

 

Cosa fa Bianca Del Carretto quando non tira? Studia. Anche in agosto, un mese dopo aver infilato in rapida successione una finale ai Mondiali di Mosca e una laurea in informatica. Anche ora, quando gli altri si godono le meritate vacanze. Quando le ho proposto di incontrarci per questa intervista mi ha chiesto di farlo una mattina: «Perché sono a casa a studiare, e mi viene meglio». Sì, le sto portando via qualche minuto (alla fine saranno un paio d’ore, un succo di frutta alla pesca per lei, una fetta di torta di mele e una spremuta d’arancia per me) che pensava di dedicare all’esame di programmazione a cui si è iscritta per settembre. Forse dovrei chiederle scusa, mentre cerchiamo un bar aperto in una Milano deserta per i postumi del Ferragosto. Però, in fondo, mi ero prenotato per tempo. Non era ancora rientrata dalla Russia quando le ho chiesto questo appuntamento, per parlare di scherma, sì, ma non solo. Per parlare di Bianca e della sua vita, di ciò che è oggi e di quello che potrà essere domani. E di una frase che mi ronza nelle orecchie da quando Rossella Fiamingo l’ha pronunciata in un’intervista a Eurosport, subito dopo il suo secondo titolo mondiale consecutivo: «Sarei voluta salire sul podio con Bianca, in quello che è il suo ultimo Mondiale».

Ma è vero?
So che l’ha detto… Ora non so cosa succederà dopo Rio, penso solo a quel traguardo, non penso sia nemmeno il caso di sprecare energie preoccupandosi di quel che sarà dopo. Ho tanti anni di scherma alle spalle e sulle spalle, e so che questo è il momento in cui lo sto facendo con più piacere da sempre.
E allora perché smettere?
Perché nella vita ci sono tante altre cose che vorrei fare. Vorrei avere un figlio, per esempio, e non so se sarei capace di fare come Mara, che è una mamma e un’atleta straordinaria.
Quindi la frase di Rossella non era del tutto campata in aria?
No, non se l’è inventata. Ci sono stati dei momenti in cui ci ho pensato e ne ho parlato, ma poi ho sospeso tutto. Amo troppo questo mondo, questo sport, la sensazione che provo quando faccio le gare. Non so se riuscirei a farne a meno. Prima o poi dovrò smettere, non so se sarà dopo Rio o dopo Tokyo, ma non ho preso nessuna decisione né la sto per prendere.
Sai che quando accadrà proveranno tutti a dissuaderti?
Sì, lo so. Ma è una decisione che riguarda me, la mia vita, quella di Achille. Mi farà piacere se tanti cercheranno di spingermi a continuare, perché vorrà dire che ho fatto e sto facendo qualcosa di importante. Ma è una scelta di vita.
Che comunque non hai intenzione di fare ora.
Esatto. Adesso penso solo ai Giochi Olimpici, che per me sono un traguardo fondamentale. Soprattutto dopo Londra.
Ecco, Londra, una brutta pagina da cancellare.
Sì. Dopo quella gara avrei voluto smettere, non l’ho fatto perché ritenevo non fosse giusto mollare, con una sensazione così negativa, una cosa che avevo fatto bene, con passione, per tanti anni. Poi, tra Londra e oggi, ho centrato risultati che prima non avevo mai raggiunto: ho vinto gli Europei, ho fatto una finale al Mondiale, e soprattutto mi sono tirata fuori da situazioni negative quando ce n’era bisogno.
Smettere ora sarebbe tutta un’altra cosa.
Sarebbe una scelta diversa, ma comunque sofferta. In vita mia ho passato più tempo in palestra che a casa, più in aeroporto che in macchina. Le trasferte mi sono sempre piaciute, mi mancherebbero, come le mie compagne. Ho fatto parte di tante squadre, ho iniziato che ero la più piccola del gruppo, tiravo con Margherita (Zalaffi, ndr) che aveva 20 anni più di me, ora sono tra le più grandi. Ho sempre amato fare questa vita, non mi è mai pesato.
Però non ti basta. Due giorni dopo il rientro da Mosca ti sei laureata in informatica. Quanto è dura far coincidere attività agonista e studio all’università?
Difficilissimo. Fino a Londra 2012 non avevo fatto niente. Avevo iniziato matematica a Genova ma non riuscivo a studiare. Dopo Londra ho sentito il bisogno di fare qualcos’altro, di staccare la testa, e non volevo dover continuare per mancanza di alternative. Quindi ho cominciato informatica perché mi è sempre piaciuto. E siccome non sono in grado di fare le cose a metà, mi ci sono buttata a capofitto.
Tempo libero?
Zero. Le mie compagne di squadra mi prendono anche in giro perché studio sempre, anche durante gli allenamenti, i ritiri e le trasferte. Però mi piace, e forse soffro dei periodi in cui non ho fatto niente. Io ho bisogno di sentire che il cervello mi funziona, sono curiosa. La scherma è un lavoro, l’università è un passatempo molto impegnativo, che prendo al 100%, ma non mi crea stress.
Lo studio ti ha aiutato a ritrovarti dopo Londra?
Sicuramente. Avere del tempo in cui non fai niente e ti frulla il cervello è una cosa che ti distrugge. Star lì ferma mi devasta, alimenta solo pensieri negativi. Ho bisogno di sentirmi sempre impegnata, se potessi e sapessi che è funzionale mi allenerei 15 ore al giorno, finirei nell’autolesionismo. Senza l’università, soprattutto quando mi sono fatta male alla spalla, penso che sarei impazzita.
E già stai preparando il primo esame della magistrale. Non stacchi mai?
Se ho un problema è proprio quello di non riuscire a staccare. Già il giorno dopo la mia laurea stavo combattendo con l’iscrizione, e tutti mi prendevano in giro. Non ci riesco proprio.
Parliamo di Mosca: il tuo è stato un ottimo Mondiale, anche se senza medaglie.
Sicuramente positivo, forse il Mondiale in cui ho tirato meglio anche mettendoci quello vinto a squadre o quello di Catania, che era andato male per un guasto tecnico al wireless. Avessi avuto un po’ più di fortuna con l’accoppiamento ai quarti…
Con una Fiamingo lanciatissima verso il suo secondo titolo mondiale consecutivo era troppo dura?
Ho fatto un assalto pessimo, ma in questo momento faccio fatica a tirare con lei. Proprio dal punto di vista tecnico. Lo sapevo anche dagli allenamenti e prima dei Mondiali ne avevo parlato col mio maestro Andrea Candiani. Considerando il fatto che tre su quattro delle atlete a podio non hanno incontrato nessuna delle prime 16 del ranking, se avessi avuto un altro accoppiamento a caso ai quarti, dopo il percorso che avevo fatto, non avrei rubato niente a nessuno.
Più rammarico per l’individuale o per la gara a squadre?
Fosse stato un altro Mondiale avrei avuto solo il rimpianto per la mancata medaglia individuale, ma qui siamo in qualifica olimpica, quindi la gara a squadre ha la precedenza.
E non è stata certo una bella gara.
Una brutta prova. Abbiamo senza dubbio pagato il fatto che Rossy non fosse lei, anche se dopo due Mondiali vinti di fila non le si può dire nulla. Anche Mara, al suo ultimo match con la Mallo ha preso un parziale che non è da Mara. Ma non è questo che conta, in una squadra. Tante volte io non ho tirato da Bianca e loro hanno tirato anche per me. Non è importante far bene individualmente, chiunque si prenderebbe volentieri un -10 se in cambio ci fosse la certezza di vincere l’assalto.
Preoccupate per la qualifica olimpica?
Preoccuparsi non serve a nulla, porta solo paure e incertezze. Dobbiamo fare autocritica e risolvere i problemi che si sono mostrati in gara e che magari si erano già visti in passato, ma che non avevamo mai affrontato perché le gare andavano bene.
Con quali prospettive ti approcci a Rio?
Credo che tutte noi, a livello individuale e a squadre, non abbiamo limiti, ma dobbiamo fare quello che sappiamo fare. Siamo forti e siamo noi se facciamo le cose per bene.
L’unica cosa che manca nel tuo palmarès è una medaglia individuale a un mondiale. Se dovesse arrivare alle Olimpiadi varrebbe anche un po’ di più. Tirando come hai tirato a Mosca può arrivare?
Ne sono convinta, e questo è il rammarico che mi è rimasto dal Mondiale. Ed è anche quello che voleva dire Rossella con quella frase che so che le veniva dal cuore. Il mio rammarico più grosso di Londra è la gara individuale, ma non perché ero avanti 13-10 e ho subito la rimonta dalla Heidemann. No, rimpiango di non aver capito subito che poteva succedere e non essermi rimessa in piedi per fare una buona gara a squadre. Ecco, spero che a Rio non ci sia una gara individuale da metabolizzare, anzi, magari che sia da metabolizzare in senso positivo. Poi voglio che nella prova a squadre tutte diamo quello che possiamo dare.

 

Twitter: GabrieleLippi1

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Foto di Augusto Bizzi per Federscherma

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