Hugues Obry: «Siamo una squadra 24 ore su 24»

Intervista a Hugues Obry, Direttore Tecnico della spada francese. Alla scoperta del modello d’Oltralpe.

 

 

La spada francese, soprattutto a livello maschile, è ormai un modello da seguire. Dalla Coppa del Mondo agli Europei fino ai Mondiali gli spadisti francesi, da Gauthier Grumier a Ulrich Robeiri, da Daniel Jerent a Ronan Gustin fino a Yannick Borel, vincitore dell’ultima prova stagionale di Coppa del Mondo a Rio de Janeiro il mese scorso, sono gli assoluti protagonisti della specialità. La squadra maschile si è dimostrata pressoché imbattibile in questa stagione. E pure a livello femminile, dopo la stagione d’oro di fuoriclasse quali Laura Fléssel e Maureen Nisima, si stanno ora affacciando ai vertici della spada nuovi nomi come quelli di Marie-Florence Candassamy, classe 1996, e Josephine Jacques-André Coquin, già medaglia di bronzo un anno fa agli Europei di Strasburgo.

Nel corso degli ultimi Europei disputati la settimana scorsa a Montreux, in una pausa delle gare, abbiamo provato a delineare il “modello francese” per la spada rivolgendo alcune domande a Hugues Obry, già medaglia d’oro olimpica ad Atene nella spada a squadre e tre volte campione del mondo (uno individuale e due a squadre) e oggi Direttore Tecnico della nazionale francese di spada.

Signor Obry, iniziamo con un suo commento sul momento della spada francese, a partire dall’ultima stagione.

Dunque, per cominciare abbiamo lavorato molto, perciò direi che i risultati sono “normali” perché in linea con la mole di lavoro svolto. Abbiamo dato un senso ai nostri allenamenti, stimolato la concorrenza interna e lavorato sempre in funzione delle vittorie, dando così seguito a un precedente lavoro di due anni, iniziato dopo le Olimpiadi di Londra. Penso si sia creato uno spirito di emulazione importante all’interno del gruppo, con l’idea ormai acquisita da tutti di far primeggiare la Francia nelle grandi competizioni.

Soprattutto nella spada maschile, la sequenza di vittorie e di medaglie è impressionante. C’è un segreto per questo?

Innanzitutto per i nostri atleti vincere i Campionati Nazionali è a volte più difficile che vincere le gare internazionali, visto il loro alto livello medio. Questo allena lo spirito competitivo e così diventa più facile trasferirlo in contesti diversi. Ma il vero segreto è la forza del gruppo, il lavoro che si fa tutti i giorni e tutti insieme: noi siamo una squadra 24 ore su 24, perciò è più facile passare del tempo insieme. Le prove in calendario diventano allora il prolungamento del nostro programma di lavoro di tutti i giorni.

Non esiste un problema di concorrenza in negativo, dunque?

Assolutamente no! Quando un atleta vince, tutti noi abbiamo vinto. Soprattutto i più giovani hanno assorbito questa mentalità, mentre magari prima c’era la tendenza a mettere il proprio risultato davanti a quello dei compagni di squadra. Certo, si lavora duro, le regole sono dure, ma seguire questa strada sta portando i risultati che vogliamo.

Allargando il discorso ai Cadetti e agli Under 20, c’è già qualche giovane promessa per il futuro?

Ci sono alcuni giovani interessanti, ma noi sappiamo che il passaggio agli Assoluti non sarà così semplice e che quindi non è scontato che ottimi risultati tra i Giovani si realizzino poi automaticamente nella categoria più elevata. Contrariamente a quello che succede in altre nazioni, come l’Italia, noi non vogliamo formare i nostri giovani per vincere subito tra i Cadetti e i Giovani: crediamo infatti che il passaggio agli Assoluti sia più semplice se già nelle categorie giovanili abituiamo i nostri ragazzi a ragionare nell’ottica degli Assoluti. Il tempo di crescere e di sviluppare la propria formazione è fondamentale e può essere ricavato solo in quel momento preciso della carriera. È meglio avere pazienza e raccogliere grandi risultati con il tempo che chiedere tutto e subito e rischiare di non preparare adeguatamente i nostri ragazzi.

Per quanto riguarda la spada femminile, sta crescendo una nuova generazione di atlete competitive ad alti livelli?

Credo di sì, e in questo caso scontiamo anche il fatto che in Francia lo sport femminile non è sostenuto allo stesso livello di quello maschile, tuttavia dopo il ritiro dalle gare di atlete del calibro di Laura Fléssel e Maureen Nisima per le ragazze è stato difficile raccoglierne l’eredità ma in fondo è un fatto comprensibile. Ora che è passato qualche anno, la nuova generazione è davvero molto giovane ma è la più facilitata dal fatto che non è costretta a dimostrare per forza di essere all’altezza di chi le ha precedute. Sappiamo che ci vorrà del tempo, certo, ma anche in questo caso siamo molto fiduciosi per il futuro.

Twitter: MattiaBoretti

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Fotografia di Augusto Bizzi per Federscherma

 
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